Nonostante da anni ci sia la disponibilità di un vaccino e nonostante lo sviluppo continuo di trattamenti antivirali, l’infezione persistente del virus dell’epatite B (HBV) rimane un importante problema di salute pubblica globale. Si stima che più di due miliardi di persone in tutto il mondo siano state in contatto con il virus in un qualche momento della loro vita e che 257 milioni di essi abbiano contratto un’infezione poi cronicizzata. La trasmissione dell’epatite B comporta un’esposizione diretta a fluidi organici infetti o a sangue infetto. Prima del 1970, si stima che la trasmissione di HBV mediante trasfusioni infette si sia verificata in circa il 6% dei pazienti politrasfusi. Nelle ultime quattro decadi la sicurezza del sangue e degli emoderivati è stata continuamente implementata grazie allo sviluppo costante di test sierologici molto più sensibili e specifici di un tempo. L’utilizzo routinario del test diretto per la ricerca del DNA virale (NAT) introdotto negli anni tra il 2004 e il 2008 ha inoltre ridotto significativamente il rischio residuo di trasmissione trasfusionale del virus dell’epatite B permettendo di ridurre il periodo finestra in cui si attua la sieroconversione e in cui alcune infezioni possono non venire diagnosticate e possono quindi manifestarsi a distanza di tempo dall’esecuzione del test stesso.
Nonostante queste nuove tecniche diagnostiche, la trasmissione del virus dell’epatite B rimane la più frequente infezione virale trasmessa mediante trasfusione. Questo rischio residuo di trasmissione virale sembra essenzialmente essere correlato alle donazioni di sangue che risultano negative ai test sierologici, ma contenenti invece livelli estremamente bassi di DNA virale potenzialmente infettivi capaci però di sfuggire alla rilevazione da parte dei test genetici NAT anche più sensibili. L’infezione occulta da virus dell’epatite B (OBI ) è caratterizzata quindi dalla presenza di bassi livelli di HBV-DNA nel fegato di individui che risultano negativi ai test sierologici attualmente a disposizione.. Dopo l’avvento della NAT, il rischio complessivo di trasmissione di HBV attraverso le trasfusioni di sangue è sceso ed è stato stimato tra 1.2 e 17.4 per milione di donazioni effettuate. Tuttavia, alcuni report hanno riportato come i donatori con OBI in presenza di bassi livelli di HBV-DNA non rilevati dalla NAT possano trasmettere il virus in assenza di test sierologici positivi. Recentemente è stato quindi sviluppato un modello matematico utile a stimare il rischio residuo di trasmissione di HBV associato a OBI. Questo modello è basato sulla distribuzione di probabilità della presenza di carica virale in donatori selezionati casualmente e non rilevata dalla NAT, ma capace di trasmettere l’infezione ad un eventuale ricevente. Il modello stima che il 3,3% delle donazioni OBI non rilevate dalla NAT possa causare l’infezione attraverso una trasfusione di globuli rossi concentrati, in presenza di almeno 20 ml di plasma.
Il rischio stimato aumenta raggiungendo il 14% in caso di trasfusione di 200 ml di plasma. Sono quindi necessari ulteriori studi per valutare correttamente questo rischio residuo. Per fare questo si potrebbe inoltre prendere in considerazione l’utilizzo di ulteriori procedure sierologiche e/o di inattivazione virale per migliorare ulteriormente la sicurezza del sangue. Nei Paesi in cui si sono implementati questi test sierologici, come la Francia, l’OBI non sembra essere una minaccia per la sicurezza del sangue. Tuttavia, la comprensione dei meccanismi molecolari associati all’infezione occulta da epatite B e la loro presunta implicazione nell’evoluzione clinica dell’infezione, incluso il rischio di riattivazione dell’HBV, può aiutare nel corretto screening del donatore.
Transfus Clin Biol. 2017 Sep;24(3):189-195.
Occult hepatitis B infection and transfusion-transmission risk.
Candotti D1, Boizeau L2, Laperche S2.