La salute dell’osso nel paziente emofilico

L’emofilia A (HA) è la forma più comune (85%) con una prevalenza di 1:5000 maschi, al contrario l’emofilia B (HB) colpisce il 15% degli affetti con una prevalenza stimata alla nascita di 1:30000 maschi [1,2].

Negli ultimi 50 anni sono stati compiuti enormi progressi nel trattamento dell’emofilia e nella gestione dei pazienti, a partire dallo sviluppo e disponibilità di nuove terapie innovative che hanno decretato la profilassi come gold standard nel trattamento della malattia con un sensibile aumento della qualità di vita dei pazienti sin dall’infanzia. I vantaggi della profilassi, che si avvale di terapie sostitutive, non sostitutive e più recentemente anche della terapia genica, includono una riduzione e una prevenzione dei sanguinamenti spontanei, preservando la funzionalità articolare e riducendo il rischio di artropatie croniche [3].

La bassa densità minerale ossea (BMD) è una condizione in cui vi è un aumento del riassorbimento osseo, una riduzione della sintesi ossea o una combinazione dei due eventi, che porta ad una riduzione della massa ossea.

Negli ultimi 20 anni, numerosi studi hanno dimostrato un maggiore rischio di bassa BMD nei pazienti emofilici, compresi quelli pediatrici, anche in presenza di livelli di contenuto minerale dell’osso (BMC) e vitamina D, comparabili a quelli della popolazione normale. Recenti studi di meta-analisi evidenziano un maggior rischio di bassa BMD in alcuni siti specifici ed in particolare a livello della colonna lombare, del collo femorale e dell’anca. Inoltre, sembrerebbe che pazienti pediatrici e asiatici tendano ad essere maggiormente a rischio per lo sviluppo di bassa BMD, se confrontati con gli adulti e pazienti di altre aree geografiche [1].

Una precoce riduzione di BMD predispone ad un maggiore rischio di sviluppare prima osteopenia e successivamente osteoporosi e fratture in età avanzata. L’osteoporosi è caratterizzata da un assottigliamento osseo e da un aumento della fragilità ossea con maggior rischio di fratture, dolore, limitata mobilità ed eventuale sviluppo di artropatie croniche [1,4,5].

La patogenesi della ridotta BMD nei pazienti emofilici non è ancora perfettamente conosciuta ma è sicuramente multifattoriale ed include infezioni virali da HIV e/o HCV, l’immobilizzazione dovuta alle artropatie croniche, la ridotta attività fisica che impedisce lo sviluppo di un’adeguata massa ossea già dall’infanzia, bassi livelli sierici di vitamina D ed il ruolo di regolatore biologico del metabolismo osseo svolto dal FVIII [6,7].

Assenza di FVIII o FIX e la conseguente mancata attivazione del FX hanno come conseguenza un deficit nella produzione di trombina, responsabile della scissione dell’osteopontina, richiesta per l’ancoraggio degli osteoclasti alla matrice mineralizzata. Inoltre, la trombina inibisce l’apoptosi degli osteoblasti e il differenziamento degli osteoclasti e stimola la proliferazione cellulare degli osteoblasti, favorendo la sintesi ossea a discapito del riassorbimento osseo.

Il ruolo del FVIII non si limita all’attivazione della cascata coagulativa, ma pare essere anche un regolatore biologico del riassorbimento osseo. Recenti studi in vitro hanno mostrato che il FVIII, legato al fattore di von Willebrand (vWF) a formare il complesso FVIII-vWF, è un elemento chiave per la salute dell’osso grazie alla sua interazione con il recettore attivatore di NF-KB (RANK), il suo ligando (RANKL) e il sistema di trasduzione del segnale (RANK-RANKL-OPG) dell’osteoprotegerina (OPG). Questo complesso inibisce il riassorbimento osseo indotto dall’antagonista RANKL e migliora l’azione  inibitrice di OPG. Una riduzione dei livelli del complesso FVIII-vWF porta ad un’ aumentata osteoclastogenesi ed una perdita ossea con un maggiore rischio di frattura.

L’equilibrio tra la sintesi ed il riassorbimento osseo è strettamente correlato alla cascata di trasduzione del segnale Wnt/β-catenina. La sclerostina, membro della famiglia di proteine Dkk, agisce come antagonista della via Wnt/β-catenina, legandosi a LDL Receptor-Related Protein 5 (LRP5) e LRP6 sulla superficie della membrana cellulare, riducendo così la sintesi ossea mediata dagli osteoblasti.

Il rischio di frattura è direttamente correlato al grado di severità dell’emofilia e quindi pazienti con emofilia grave presentano un rischio maggiore di frattura. Inoltre, lo sviluppo di articolazioni target e la presenza di emorragie muscolari portano ad una riduzione della mobilità e ad un aumentato rischio di cadute.

E’noto che l’attività fisica promuove il miglioramento del BMD e l’adolescenza è un periodo critico per la sua crescita; più del 94% di massa ossea infatti si sviluppa prima dei 16 anni. Diversi studi suggeriscono che l’attività fisica ha un impatto positivo sulla BMD dei pazienti emofilici. Con la disponibilità delle nuove terapie sostitutive e l’introduzione della profilassi già durante la prima infanzia, i pazienti emofilici sono più inclini alla partecipazione alle attività sociali e fisiche per preservare la salute dell’osso e migliorare la qualità di vita.

La gestione della salute dell’osso negli emofilici dovrebbe iniziare durante l’infanzia in modo da raggiungere il PBM migliore possibile, incoraggiare l’esercizio fisico costante, valutare regolarmente il BMD ed il rischio di fratture e disincentivare il consumo di alcol e l’obesità [2].

La densitometria ossea DEXA rappresenta un eccellente strumento per la valutazione della densità minerale ossea, con una bassa esposizione a radiazioni e rappresenta lo strumento esclusivo per la valutazione e il monitoraggio della salute dell’osso nei pazienti emofilici. Permette di stimare la forza ossea misurando la densità dell’osso, identificando le persone ad alto rischio di sviluppo di fratture. Tuttavia, questa tecnica presenta diverse limitazioni, la maggiore è la possibilità di artefatti dovuti alla presenza di calcificazioni legate ad artriti o altre modificazioni del contenuto minerale osseo (BMC), non correlate direttamente alla BMD. Inoltre, ci possono essere differenze significative tra i produttori delle tecnologie e i database di riferimento per il calcolo del T- e Z-score e un confronto diretto tra misurazioni DEXA su strumenti diversi può essere complicato.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stabilito il T-score standard di riferimento per la diagnosi di osteoporosi nelle donne in menopausa e negli uomini con età maggiore di 50 anni, pari o inferiore a -2.5 [8,9]. Il T-score esprime la BMD e il rischio di frattura aumenta esponenzialmente con la diminuzione della BMD.

Nelle donne in premenopausa, negli uomini con età inferiore ai 50 anni e nei bambini viene considerato lo Z-score, che se inferiore a -2.0 definisce una bassa BMD.

La densitometria DEXA è raccomandata come metodo di screening per l’osteopenia/osteoporosi nei pazienti emofilici a prescindere da età o sesso. Inoltre nei pazienti più anziani che sono maggiormente a rischio di ridotta BMD è raccomandato anche il FRAX (Fracture Risk Assessment Tool), un algoritmo che consente di predire il rischio di frattura in un arco di tempo di 10 anni [1].

Il trattamento terapeutico dell’osteoporosi nei soggetti emofilici include l’integrazione di calcio e vitamina D. Poiché la fisiopatologia della fragilità ossea negli emofilici è associata ad un alterato turnover osseo, con riduzione della sintesi ossea ed incremento del riassorbimento osseo, a livello terapeutico è stato proposto l’utilizzo di farmaci appartenenti alla categoria degli anti-riassorbitivi, ma sono stati considerati anche agenti osteo anabolici. Tra questi ultimi, potrebbero apportare benefici terapeutici la teriparatide o gli anticorpi neutralizzanti anti Dkk-1 o anti sclerostina come il romosozumab. Gli agenti anti-riassorbitivi d’elezione potrebbero essere invece i bifosfonati o l’anticorpo monoclonale umano diretto contro RANKL.

Tuttavia, occorrono ulteriori studi clinici per la valutazione dell’efficacia e della sicurezza di questi agenti in questa specifica coorte.

Recenti studi hanno messo in evidenza una differenza significativa nei livelli sierici di vitamina D e DEXA Z-score tra i pazienti che ricevono una profilassi di fattore VIII (15U/kg/dose) due volte a settimana e quelli che ricevono la terapia on-demand, suggerendo un possibile effetto positivo della profilassi sulla salute ossea nei pazienti emofilici. Così, la prevenzione di danni ossei e muscolari con conseguente riduzione del rischio di frattura e l’integrazione di vitamina D potrebbero contrastare il circolo vizioso che porta alla riduzione della mobilità nei soggetti affetti da emofilia [1,2,8].

Un’adeguata gestione multidisciplinare delle fratture e un percorso riabilitativo adattato e personalizzato sono essenziali per migliorare la qualità della vita dei pazienti emofilici e prevenire le complicanze a lungo termine. La riabilitazione è una componente chiave nel ripristino della funzionalità e nel mantenimento della mobilità, evitando episodi emorragici o traumi muscolari durante gli esercizi riabilitativi che ritardano il recupero del paziente.

Diversi studi confermano la significativa associazione tra rischio di frattura ed emofilia, sebbene sia difficile una diretta correlazione con l’età. Inoltre, l’aumento del rischio di frattura nei pazienti emofilici sembra essere dovuto a una combinazione di fattori che contribuiscono a un aumento delle cadute, come comorbilità, equilibrio e compromissioni motorie. D’altro canto, pazienti emofilici più giovani sembrano essere più inclini alle fratture a causa della maggiore promozione di stili di vita normali che incoraggiano l’esercizio fisico e l’attività fisica [2].

La profilassi e il monitoraggio della salute ossea nei pazienti emofilici, coadiuvati dall’integrazione di vitamina D e la disponibilità di farmaci che agiscano sul corretto turnover osseo rappresentano elementi essenziali per una corretta gestione della salute ossea negli emofilici con un miglioramento della qualità di vita.

 


Referenze

 

  1. Zhang M, Song K, Wu W. Bone mineral density in haemophilia patients: A systematic review and meta-analysis. Haemophilia. 2024;30(2):276-285. doi:10.1111/hae.14951

 

  1. Alito A, Bellone F, Portaro S, et al. Haemophilia and Fragility Fractures: From Pathogenesis to Multidisciplinary Approach. Int J Mol Sci. 2023;24(11):9395. Published 2023 May 28. doi:10.3390/ijms24119395

 

  1. Berntorp E, Fischer K, Hart DP, et al. Haemophilia. Nat Rev Dis Primers. 2021;7(1):45. Published 2021 Jun 24. doi:10.1038/s41572-021-00278-x

 

  1. Giordano P, Brunetti G, Lassandro G, et al. High serum sclerostin levels in children with haemophilia A. Br J Haematol. 2016;172(2):293-295. doi:10.1111/bjh.13481

 

  1. Paschou SA, Anagnostis P, Karras S, et al. Bone mineral density in men and children with haemophilia A and B: a systematic review and meta-analysis. Osteoporos Int. 2014;25(10):2399-2407. doi:10.1007/s00198-014-2773-7

 

  1. Klintman J, Akesson KE, Holme PA, Fischer K. Bone mineral density in haemophilia – a multicentre study evaluating the impact of different replacement regimens. Haemophilia. 2022;28(2):239-246. doi:10.1111/hae.14487

 

  1. Zhou H, Chen L, Su H, Chen G, Tong P. Risk of low bone mineral density in patients with haemophilia: a systematic review and meta-analysis. J Orthop Surg Res. 2024;19(1):52. Published 2024 Jan 11. doi:10.1186/s13018-023-04499-6

 

  1. Giordano P, Urbano F, Lassandro G, Faienza MF. Mechanisms of Bone Impairment in Sickle Bone Disease. Int J Environ Res Public Health. 2021;18(4):1832. Published 2021 Feb 13. doi:10.3390/ijerph18041832

 

  1. Kempton CL, Antoniucci DM, Rodriguez-Merchan EC. Bone health in persons with haemophilia. Haemophilia. 2015;21(5):568-577. doi:10.1111/hae.12736