Recenti innovazioni nella terapia sostitutiva e non-sostitutiva dell’emofilia

I più importanti e prevalenti difetti ereditari emorragici sono l’emofilia A e B, malattie rare recessive legate al cromosoma X (1/5.000 e 1/30.000 maschi rispettivamente). La gravità del difetto dipende dai livelli nel sangue dei fattori VIII (FVIII) e IX (FIX): <1% (tipo grave), 1-5% (tipo moderato), 5-40% (tipo lieve). La terapia sostitutiva rappresenta il “golden standard” e consiste nell’infusione e.v. dei concentrati di FVIII/FIX sia plasmaderivati che ricombinanti. Attualmente la profilassi, che prevede la somministrazione del concentrato specifico a dosi fisse e ad intervalli di tempo, è l’unico regime di trattamento in grado di prevenire le emorragie e di ridurre le complicanze. La complicanza più grave in corso di terapia sostitutiva è lo sviluppo di alloanticorpi contro il FVIII e il FIX (inibitore) che interessa almeno il 30% degli emofilici A e approssimativamente il 5% degli emofilici B gravi. Più raramente l’inibitore insorge negli emofilici moderati e lievi. Gli inibitori neutralizzano la terapia sostitutiva  ed espongono i pazienti ad elevato rischio per la vita come le emorragie cerebrali e retroperitoneali. Negli ultimi anni la ricerca farmaceutica ha impiegato molte risorse nello sviluppo di concentrati dei FVIII/IX, come di altri fattori della coagulazione, ad azione prolungata in modo da rendere più agevole il trattamento/profilassi sostitutivi e migliorare la qualità della vita dei pazienti. Ancora più recentemente l’attenzione è stata rivolta a farmaci diversi dai tradizionali concentrati della coagulazione sfruttando principi di terapia “non-sostitutiva”.

I concentrati ad azione prolungata.

Concentrati di FVIII

Molte strategie sono state esplorate per prolungare l’emivita del FVIII esogeno con l’intento di raggiungere un più alto valore dei “livelli minimi” con intervalli standard di infusione oppure di prolungare gli intervalli tra un trattamento e l’altro, in modo da ottenere il pieno successo della profilassi. La fusione con il frammento Fc delle immunoglobuline è stata la prima tecnologia introdotta per i prodotti ad azione prolungata. La fusione della regione costante Fc delle immunoglobuline G con la molecola del  FVIII produce l’estensione della sua emivita e ne rallenta la clearance. L’efmoroctocog alfa, è un analogo del FVIII dominio-B deleto della coagulazione legato al dominio Fc dell’immunoglobulina umana IgG1.
La PEGilazione rappresenta un metodo alternativo, adottato da tre altre industrie: octocog alfa  turoctocog alfa pegol e damoctocog alfa pegol. Il legame covalente del polietilenglicole (PEG) al FVIII lo protegge dalla proteolisi, rallenta la clearance e ne prolunga l’emivita. Il PEG è secreto dai reni e ad oggi non è stato osservato alcun effetto tossico. Un terzo approccio capace di rallentare la clearance del FVIII è rappresentato dall’aggiunta dell’acido polisialico (PSA), che in un modello animale interferisce con la clearance recettore-mediata.

Tuttavia tutti questi nuovi concentrati, a causa della struttura molecolare complessa del FVIII, prolungano di solo 1.5 volte l’emivita basale del paziente.

Concentrati di FIX

La nuova classe dei preparati di FIX ad azione prolungata consente un cambiamento consistente del trattamento dell’emofilia B. Il primo concentrato di FIX a lunga emivita introdotto Italia è stato l’albutrepenonacog alfa, un preparato ricombinante di FIX fuso con l’albumina (rFIX-FP),  che sfrutta la proprietà dell’albumina a lunga emivita dovuta al suo alto peso molecolare. Il declino dell’attività del FIX dopo l’infusione è graduale con una media terminale dell’emivita di 104 ore. Lo studio registrativo di rFIX-FP ha valutato pazienti in profilassi settimanale ad un dosaggio compreso tra 35 e 50 UI/Kg-1. Dopo 26 settimane dall’inizio dello studio un sottogruppo di pazienti ha prolungato l’intervallo di tempo tra le infusioni a 10-14 giorni alla dose di 75UI/Kg-1. La media dei “livelli minimi” di FIX fu di 20 UI/dL in pazienti ad un regime di profilassi settimanale alla dose di 40UI/Kg-1 e di 12 UI/Kg-1 per quelli che modificarono la dose a 75 UI/Kg-1 ogni due settimane rispettivamente.

Il FIX ricombinante legato al frammento Fc delle immunoglobuline G (rFIX-Fc, eftrenonacog alfa) è stato il secondo prodotto ad azione prolungata registrato in Italia dall’Agenzia Italiana del Farmaco. I pazienti arruolati nello studio clinico ricevettero una dose settimanale di 50 UI/Kg-1, raggiungendo “livelli minimi” di FIX di 1-3 UI/dL. L’rFIX-Fc al contrario dell’rFIX-FP, ha dimostrato un rapido declino dell’attività del FIX nelle prime 24/72 ore dopo l’infusione, seguito alla fine da una emivita prolungata fino di 86.5 ± 32.2 ore.

Il FIX ricombinante glicopegilato (nonacog beta pegol,  N9-GP),  ha anche dimostrato di possedere un’importante estensione dell’emivita con una media di circa 111 ore. Nella fase III dello studio fu somministrata un’infusione settimanale di 10 o 40 UI/Kg-1 ottenendo un’attività stabile a “livelli minimi” di FIX di 8.5 e 27.3 UI/dL rispettivamente. Sia l’N9-GP che l’rFIX-FP hanno mostrato una lenta e stabile riduzione dell’attività del FIX circolante.

Terapie non-sostitutive

Attualmente numerose nuove opzioni di trattamento cercano di dimostrare di essere efficaci quanto la terapia sostitutiva con il vantaggio di una somministrazione sottocutanea settimanale o mensile. Questi prodotti possono migliorare fortemente la terapia tradizionale dell’emofilia.

ACE910

ACE910 (emicizumab) è un anticorpo monoclonale bispecifico in grado di legare il FIXa e il FX su una membrana fosfolipidica mimando la funzione del FVIII di cofattore. In un plasma depleto di FVIII l’emicizumab accorcia il PTT e incrementa la generazione di trombina in maniera dose dipendente. La capacità di ACE910 di normalizzare il PTT può aiutare a valutare quando anche bassi livelli di FVIII attivo sono misurabili nel sangue circolante. L’emivita dell’emicizumab ha un range compreso tra 4 e 5 settimane rendendo più agevole il regime terapeutico. Lo studio in fase I/II ha dimostrato una riduzione significativa della “frequenza annuale delle emorragie” (Annual Bleeding Rate, ABR) da 15 a 0 eventi in emofilici con e senza inibitore, principalmente nella coorte di pazienti trattati con dosi più elevate.

In due partecipanti allo studio, che avevano ricevuto infusioni multiple di concentrato del complesso protrombinico attivato per emorragie, sono stati riportati un episodio di microangiopatia trombotica e uno di trombosi rispettivamente. Non sono stati evidenziati anticorpi contro il farmaco. Inoltre, grazie alla differenza strutturale con il FVIII, eccetto i siti di legame, l’emicizumab non è attaccabile né neutralizzato dagli inibitori del FVIII. Le particolari proprietà funzionali rendono l’emicizumab utile per la profilassi in pazienti con inibitori del FVIII allo scopo di prevenire le emorragie ed evitare l’uso degli agenti “bypassanti” in caso di sanguinamento.

Blocco dell’inibitore della via del fattore tessutale (Tissue Factor Pathway Inhibitor, TFPI)

Il TFPI è l’inibitore fisiologico del processo iniziale di attivazione della coagulazione da parte del complesso FVIIa/Fattore Tessutale (FVIIa/FT). Il blocco del TFPI può incrementare la generazione di trombina. Il TFPI è una serin-proteasi con tre domini tipo-Kunitz in grado di legarsi rispettivamente al complesso FVIIa/FT, al FXa e alla proteina S. In modelli animali con emofilia il blocco del TFPI normalizza il PTT e il “tempo di emorragia”. Questa osservazione ha portato i ricercatori a considerare il blocco del TFPI come un nuovo presidio emostatico in emofilici con e senza inibitore. Sono stati prodotti anticorpi monoclonali “umanizzati” e aptameri (concizumab) ad alta affinità diretti contro il dominio 2 della proteasi inibitore tipo-Kunitz. E’ in via di sviluppo un anticorpo monoclonale IgG2 completamente “umanizzato” (BAY 1093884). Il preparato TFPI, BAX 499 (anti-TFPI aptamer) è un aptamero pegilato dell’acido nucleico che neutralizza sia il complesso FVIIa/FT che il FXa, anche se quest’ultimo non completamente.

Inibitore dell’antitrombina

L’osservazione che alcuni emofilici eterozigoti per tratti protrombotici, come il FV Leiden e il difetto di proteina C/proteina S o di antitrombina, possono mostrare fenotipi emorragici più lievi, ha supportato l’ipotesi che un inibitore dell’antitrombina (AT) potesse essere un valido approccio terapeutico emostatico. E’ stato sviluppato il preparato ALN-AT3 (fitusiran) che interferisce con la produzione di AT mRNA inibendo l’espressione genica attraverso la distruzione delle molecole specifiche mRNA usando la tecnologia coniugata GalNAc-siRNA. Il fitusiran si somministra per via sottocutanea. La riduzione dei livelli di AT mostra un aumento statisticamente significativo della generazione di trombina e una riduzione dell’ABR. Non sono stati riportati eventi avversi, complicazioni tromboemboliche e né un aumento significativo dei D-dimeri di fibrina.

Variante del FXa (FXaI16L)

Più recentemente la variante FXaI16L prodotta con bioingegneria è in grado di rendere più resistente il FXa all’inattivazione da parte dell’AT e del TFPI. Legandosi al FVa la variante FXaI16L sviluppa un’attività procoagulante con una piena generazione di trombina. Uno studio pre-clinico in modelli di topi emofilici sanguinanti ha mostrato che il FXaI16L è efficace e sicuro.

Conclusione

I concentrati di FVIII/FIX ad azione prolungata rappresentano una nuova prospettiva nella gestione dei pazienti con emofilia. Essi potenzialmente incrementano i “livelli minimi” dei fattori nel sangue e/o riducono il numero delle infusioni. Tuttavia la frequenza delle infusioni di FVIII e l’aderenza del paziente al nuovo concentrato, differentemente dal FIX, devono essere tenute in considerazione, come pure il rischio di inibitore per entrambi i nuovi fattori. Gli emofilici A gravi e i familiari, che si dedicano alla loro assistenza, esitano a modificare il regime di profilassi in quanto non ancora pronti e disposti a passare ai nuovi concentrati. La dose dei concentrati di FVIII ad azione prolungata può essere sopra o sottostimata con implicazioni cliniche ed economiche considerevoli. Rimane da studiare il rischio di insorgenza dell’inibitore. Al momento negli studi in fase III di pazienti trattati prima, non è stato riportato alcuno sviluppo di inbitore. Studi osservazionali sono in corso con l’intento di monitorare la possibile insorgenza di inibitore in pazienti già trattati prima con o senza storia di inibitori.

Le strategie terapeutiche “non sostitutive” sono un’opzione stimolante per i trattamento dei pazienti con emofilia, principalmente quelli con inibitore o con altri difetti emorragici. Se questi farmaci avranno successo, rappresenteranno una reale rivoluzione terapeutica per gli emofilici, particolarmente per quelli con inibitore.


Letture consigliate

  • Kulkarni R, Soucie JM. Pediatric hemophilia: a review. Semin Thromb Hemost 2011;37:737–44.
  • Berntorp E, Andersson NG. Prophylaxis for hemophilia in the era of extended half-life factor VIII/factor IX products. Semin Thromb Hemost 2016;42(5):518–525.
  • Horava SD, Peppas NA. Recent advances in hemophilia B therapy. Drug Deliv Transl Res.2017: 7(3):359-371.
  • Mannucci PM, Mancuso ME, Santagostino E, Franchini M. Innovative pharmacological therapies for the hemophilias not based on deficient factor replacement. Semin Thromb Hemost 2016;42(5): 526–532.