WFH 2020: Stato dell’arte nella terapia genica dell’emofilia con lentivirus

Nell’ultimo decennio, lo sviluppo di nuovi trattamenti per l’emofilia è progredito a ritmi rapidissimi con la prospettiva di voler risolvere il problema in maniera definitiva o, quanto meno duratura. E’ uno dei motivi per cui la terapia genica  è tanto attesa dagli emofilici. Il trasferimento al fegato del gene del fattore VIII o del fattore IX presenta effettivamente la potenzialità di normalizzare stabilmente la coagulazione. Gli adenovirus (AAV) sono ampiamente utilizzati quali vettori della terapia genica, per la loro efficacia e sicurezza, dimostrate in diversi studi preclinici e clinici. Nonostante questi successi, ci sono alcune importanti limitazioni associate ai vettori AAV, come la natura prevalentemente episomale del nucleo delle cellule bersaglio e la diffusa immunità preesistente nell’uomo contro questi virus parenterali. Nei pazienti pediatrici, inoltre, la proliferazione dell’epatocita, durante la maturazione epatica, porterebbe alla diluizione e alla perdita finale dell’episoma vettoriale dal nucleo, mentre la risposta immunitaria ai componenti AAV, dopo la prima somministrazione, limiterebbe l’efficacia di tale metodologia. Anche se il trasferimento genico mediato dal vettore AAV è la terapia più avanzata per l’emofilia, sono state proposte diverse altre strategie basate su diversi vettori, come cellule ematopoietiche e cellule endoteliali sinusoidali del fegato, o approcci gene-editing (modifica dei geni), che sono attualmente in fase preclinica. In questo articolo gli autori focalizzano l’attenzione  sul trasferimento genico basato su vettori lentivirali. Poiché i vettori lentivirali derivati dall’HIV (LV) si integrano nella cromatina delle cellule bersaglio non vengono persi durante la duplicazione del  genoma cellulare, e ciò costituisce un vantaggio potenziale per ottenere un’efficacia a lungo termine, in particolare nei pazienti pediatrici in cui il fegato è in crescita. La somministrazione sistemica di LV ha permesso un’espressione transgenica pluriennale stabile nel fegato dei topi e dei cani. Più recentemente, la superficie vettoriale è stata modificata modificando la composizione proteica della membrana plasmatica delle cellule per ridurre l’immunogenicità delle particelle LV. E’ indubbio che trasferire la terapia genica con LV agli esseri umani
pone sfide quali la produzione in quantità e qualità sufficienti ma, nel complesso, i dati descritti consentono di ipotizzare  ulteriori sviluppi nell’impiego di LV come veicolo sistemico di trasmissione genica  nonché quale integrazione della terapia basata sugli AAV per affrontare le numerose problematiche ancora insolute nella terapia genica dell’emofilia.

In questo articolo gli autori focalizzano l’attenzione  sul trasferimento genico basato su vettori lentivirali mettendoli a confronto con gli Adenovirus. Gli adenovirus (AAV), infatti, sono ampiamente utilizzati come vettori per la terapia genica, data la loro ottima  efficacia e sicurezza dimostrate in diversi studi preclinici e clinici. Nonostante questi successi, ci sono alcune importanti limitazioni dovute alla natura prevalentemente episomale del nucleo delle cellule bersaglio e la diffusa immunità preesistente contro il virus parenterale. Tradurre in vivo la terapia genica con LV agli esseri umani pone certamente sfide quali la produzione in quantità e qualità sufficienti ma, nel complesso, i dati descritti consentono di ipotizzare  ulteriori sviluppi come veicolo di trasmissione genica ed  anche come integrazione della terapia basata sui AAV.


Haemophilia. 2020;00:1–4

WFH State-of-the-art paper 2020: In vivo lentiviral vector gene therapy for haemophilia

Autore/i Cantore A., Naldini L.